"Sulla sabbia di Gela colore della paglia..."

"Sulla sabbia di Gela colore della paglia mi stendevo fanciullo in riva al mare, antico di Grecia con molti sogni, nei pugni, stretti nel petto. Là Eschilo esule misurò versi e passi sconsolati, In quel golfo arso l’aquila lo vide e fu l’ultimo giorno (S.Quasimodo)."



… Svegliatemi!... Sussurrava il mare al mio orecchio, i suoi verbi si infrangevano abbracciandosi  al mio coraggio, schegge di cenere sporcavano le mie mani, il suo alito salmastro si confondeva con il terrore della nebbia che proveniva dall’orrore umano…  Il mare era scomparso… Il cielo sparito, gettavo ancore di paura sulla sabbia… Il nulla li aveva rimpiazzati… Una fabbrica sorgeva ora al posto del Sole… Svegliatemi…
Nel '59 al largo delle coste gelesi, il "sogno" dell'industrializzazione prese vita con la prima piattaforma per trivellazioni marine in tutto il Mediterraneo, sarebbe stata la forsennata speranza di un popolo emarginato che esigeva dignità.
La Sophia Loren del mondo petrolifero, così la chiamavano: attirava giornalisti, gli autori più importanti.
La farsa di un sogno si sarebbe poi estesa sulle spianate dune dove sorge l'Eni, illuminata nella notte, apparendo come una New York gelese.
                                      
Un pugno di operai gelesi si trovò a lavorare in questa industria, mentre dipendenti specializzati come ingegneri, architetti e non solo emigrarono da tutte le parti della Sicilia o dell'Italia verso il nuovo mondo: Gela.
Cognomi come Ventin, Stefanoni, Pascucci era diventata una consuetudine sentirli, pronunciarli, non destavano più curiosità, ma invidia, erano stati loro, gli "emigrati", i privilegiati di Gela, abitavano nelle case del quartiere Macchitella, quartiere che tra le novità delle vasche da bagno, del verde e dell'ordine della pulizia si mostrava in tutta la sua eleganza e novità.
Due sociologi (Marchioni e Hytten), furono ingaggiati dall'Eni affinché provvedessero a ricreare un rapporto tra abitanti e industria, ma il sogno era già finito. Gli stranieri, il cui unico intento era quello di ottenere un lavoro per poter sopravvivere, si resero complici involontariamente del furto dell'identità gelese.
"Industrializzazione senza sviluppo", questo era il titolo del libro che Marchioni e Hytten scrissero al termine del loro lavoro. Una volta che il libro venne pubblicato, tutte le copie del volume furono fatte sparire: il miracolo era terminato.

Dagli anni '80 fino al 2000, dell'Eni è rimasta solamente la raffineria, l'unico merito che gli è e gli è stato riconosciuto è l'autosufficienza, dato che con l'evoluzione del mercato petrolifero, a causa delle sue dimensioni non riuscì più a competere sul mercato.
Oggi la raffineria ha chiuso, ma sono attive delle pratiche per bonificare la zona e trasformarla in una bioraffineria, o meglio, questo è quel che si dice, ma noi del posto, noi abitanti di questa terra sventurata, avida di morti causati da ciò che sarebbe dovuto essere "il Risorgimento" gelese, la conosciamo bene la storia.
Sappiamo... Conosciamo... Ma il silenzio ha sempre predominato sulle nostre parole, la verità l'abbiamo sempre tenuta rinchiusa con noi, nelle nostre case e tutto ciò che abbiamo fatto uscire è stato ed è l'omertà.
Però viviamo tutti quanti con una consapevolezza comune, che per tutti i morti che hanno incorniciato la nostra storia, sia per tumore che per cancro, senza alcuna distinzione d'età, l'unico vero colpevole è l'Eni.




...Corri mio Mare... Fuggi... finché alla mia Gela piace ancora tenere in  braccio tra la "corrente della morte" i figli suoi estinti dal Nero Oro...

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