Il (Mah)mood della politica
(1°voce)
Il vincitore del Festival di Sanremo di quest'anno è stato Mahmood,
con la
Il testo parla di una delusione d'amore, dettata del fatto che chi
canta si è accorto che la persona che credeva lo amasse e tenesse a lui aveva
in realtà intenzione solo di approfittarsene, puntando ai soldi. La persona in
questione non è una donna o un uomo di cui è innamorato, ma suo padre. Dalla
canzone traspare chiaramente anche il tradimento di quest'ultimo verso la
madre, quindi la delusione non è solo dell'autore. Ormai riceve solo una
domanda da lui:"come va?", come se già non lo sapesse o se gli
importasse davvero. "Lasci la città ma nessuno lo sa, ieri eri qua ora
dove sei papà", ad indicare che sono state tante le volte in cui gli aveva
promesso di ricominciare da capo il loro rapporto, però poi era sempre sparito
nel nulla.
(2°voce)
Il mondo si è sempre prostrato alla migrazione, all’incessante
bisogno di evasione da una realtà disonesta ed effimera nei diritti naturali,
partorendo sogni di un’attesa salvezza, generando anche figli di nessuno e
senza patria. L’integrazione diviene così, l’unica arma di difesa, di
conforto, di appartenenza e Mahmood ne è un perfetto esempio, poiché di straniero
ha solo il cognome. Diversi hanno condiviso un proprio pensiero in merito alla
sua vittoria, tra cui certi sostenitori del partito della Lega, come: “Chiudiamoli
questi centri di accoglienza… Questi vogliono solo soldi!” o “Festival della
canzone italiana… E poi vince uno straniero… che barzelletta!... Ha vinto un
musulmano!!”; poi ci sono anche i commenti del sud: “Mah… Ha vinto un
marocchino”, “Ma dove siamo arrivati… Dove finirà l’Italia”.
Da ragazza del sud ho sempre sognato l’Italia, quella dell’uguaglianza,
del rispetto reciproco, dell’accoglienza, della libertà nella partecipazione verso
un paese in cui il senso patriottico non fosse designato da un Sud o da un Nord.
Ho sognato l’Italia… Ma non so più quale,
forse quella di Battiato che “affondava nel fango dei maiali” o forse quella di
De Gregori che “era da dimenticare”. Ho sognato la Sicilia… Ma non quella presa
a calci dallo “stivale”, ma quella che rinunciava alle sue tre punte per
fondersi con l’intera Italia. Ho sognato la ribellione, la rivolta inneggiata come
una bandiera dall’inno di Gaber e seguita dal coro dei “morti in mare”. Ho desiderato
un matrimonio tra il Nord e il Sud, mentre io facevo da testimone. Ho sognato
che le mie lacrime creassero ponti tra il meridione e il settentrione, ma ho
smesso di sognare ed ho iniziato a ringraziare i migranti, a discapito della
mia coscienza: da quando ci sono loro, noi del Sud non siamo più “il problema”
dell’Italia.
Giorgio Gaber scrisse “abbiam fatto l’Europa facciamo anche
l’Italia” e la verità è proprio questa, per l’Italia non potrà mai esistere l’Europa
fino a quando non sarà più divisa come in due regioni e fino a quando io non mi
sentirò più vicina ad un migrante che ad un italiano.
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